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Quale il rapporto tra i fenomeni linguistici attuali e quelli del passato? Quale il contributo che può venire alla comprensione dell'oggi dalla conoscenza storica tout-court e da una storiografia linguistica teoricamente avvertita? Quale il rapporto fra correttezza della ricostruzione filologica delle lingue morte e comprensione delle strutture dell'italiano? E infine, se la comprensione del nostro dire è capacità di riflettere su di noi parlanti e sulla nostra attività linguistica, in quale misura la retorica può essere concepita come parte di questo nostro agire quotidiano, non sovrastruttura, stucco o ribobolo, ma nocciolo del nostro vivere? Tali domande guidano Federica Venier nel frammentato viaggio che si offre al lettore in questa raccolta di saggi. La prima parte del libro costituisce infatti un approfondimento del lavoro su Schuchardt, che Federica Venier va conducendo da tempo, teso in questa sede ad indagare il tema del contatto, centralissimo nel pensiero dello studioso: contatto fra le scienze e contatto fra le lingue e, humboldtianamente, fra gli individui parlanti. Anche la seconda parte del volume è unita dal pensiero di Humboldt, e ruota intorno alla nozione di attività linguistica: l'autrice, sviluppando appunto l'idea della retorica come attività del parlante, riconduce il fenomeno della figuralità a una più generale riflessione sul linguaggio, in un critico confronto con le più attuali teorie costruttiviste e cognitiviste in proposito.